Con malattia infiammatoria intestinale si intende l’infiammazione che coinvolge l’intestino ne suoi diversi segmenti dando luogo a differenti manifestazioni cliniche. Sono racchiusi in questa classe di patologie la colite ulcerosa e il morbo di Crohn. Per entrambe vi è associazione ad un aumentato rischio di incidenza del carcinoma delcolon, inoltre ci sono componenti eziologiche cioè di causa, e epidemiologiche relative a sesso, razza, età e distribuzione geografica simili tra esse.
Eziologia
Vengono qui indicate le categorie di soggetti e le cause che sono valide per entrambe le malattie incluse nella categoria della malattia infiammatoria intestinale.
L’incidenza è maggiore per queste categorie:
-Donne
-Caucasici ed ebrei rispetto a neri ed orientali
Ipotesi teorizzate di cause:
-Predisposizione genetica (più di un componente familiare ha nel 15-40% dei casi morbo di Crohn o colite ulcerosa)
-Agenti infettivi (Rotavirus, Ebstein-Barr virus, Cytomegalovirus, Chlamydia, Yersinia enterocolitica)
-Sistema immunitario alterato (meccanismo umorale, deficit immunologici, reazioni cellulo-mediate, ma più probabilmente sono effetti della malattia)
-Dieta
-Vari fattori tra cui psicosomatici, relativi a stress, vascolari, e traumatici
Considerazioni terapeutiche
Qui sono fornite delle indicazioni che sono valide per entrambe le malattie incluse nella categoria della malattia infiammatoria intestinale.
Metabolismo degli acidi grassi
Nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale si riscontrano alti livelli di prostaglandine nelle feci, nel colon e nel siero, in particolare sono elevati i livelli di leucotrieni e dei prodotti dell’enzima lipossigenasi. Questi prodotti dei neutrofili, un particolare tipo di globuli bianchi, sono coinvolti nel processo infiammatorio amplificandolo e agiscono sulla muscolatura liscia contraendola. Per limitare la produzione di questi prodotti sono usati farmaci come sulfasalazina o corticosteroidi, oppure il flavonoide naturale quercetina, contenuto in alte dosi nel ribes, in particolare in quello nero, mirtillo, uvaspina e melograno, come dieta si dovrebbe limitare il consumo di carne ed aumentare le fonti di acidi grassi omega-3 a catena lunga (EPA e DHA) di cui è ricco il pesce azzurro come salmone, aringa, e lo sgombro. In particolare l’olio di pesce si è dimostrato utile a prevenire o ritardare le recidive della malattia infiammatoria intestinale, ed è utile anche l’olio di lino che contiene acido alfa-linoleico che viene convertito in EPA da un apposito pool enzimatico del nostro corpo.
Endotossinemia
Questa è un problema che accompagna le due malattie ed è una delle cause di alcuni sintomi extraintestinali legati ad esse. Un rimedio che apporta miglioramento è rappresentato dalle irrigazioni intestinali o da irrigazioni del colon, ma quest’ultime devono essere evitate nei casi di attacco acuto infiammatorio.
Manifestazioni extraintestinali
Il malfunzionamento intestinale che porta ad un sovraccarico di tossine da smaltire da parte dell’intestino ma anche del fegato, porta a molte manifestazioni relative a tessuti extraintestinali. Tra queste la più comune è l’artrite presente nel 25% dei pazienti, in particolare quella periferica che coinvolge ginocchia, caviglie e polsi, e meno frequentemente la spina dorsale, con sintomi collegati di dolore lombare e rigidità, poi si hanno manifestazioni cutanee nel 15% dei pazienti, come eritema nodoso, ipoderma gangrenoso, aftosi ulcerativa, e stomatite aftosa nel 10% dei pazienti. Poi si hanno dei gravi problemi epatici come cirrosi, epatite cronica in fase attiva, colangite sclerosante presenti in circa il 5% dei pazienti, probabilmente per il problema della endotossinemia, è consigliato in tale caso utilizzare piante ad azione epatoprotettrice come la liquirizia, il cardo mariano, la catechina, contenuta ad esempio nel tè verde e la curcumina. Poi si possono manifestare lesioni extraintestinali come tromboflebiti, problematiche oculari come irite ed episclerite, nefrolitiasi e colelitiasi (conosciute più comunemente come renella, precursore dei calcoli renali e biliari rispettivamente), ed infine ritardo di crescita e maturazione nei bambini.
Malnutrizione
La malnutrizione che accompagna la malattia infiammatoria intestinale ha molta influenza sulla morbilità, ovvero la probabilità di essere ospedalizzati per un periodo di tempo superiore ad un dato numeri di giorni, generalmente 40, e anche di mortalità nei casi più gravi.
Cause di malnutrizione
Riduzione di assunzione di cibo, è causata da sintomi come dolore, nausea, anoressia, diarrea, indotti dalla malattia, o da una dieta restrittiva senza integrazione di supplementi.
Malassorbimento, causato dalla riduzione della superficie di assorbimento dovuta all’interessamento dell’intestino, preposto a tale scopo o di un resezione chirurgica, ad un deficit di sali biliari, che può essere dovuto a resezione iliaca, ad una crescita batterica, o a farmaci come corticosteroidi, sulfasalazina e colestiramina. In particolare il malassorbimento più comune è quello dei lipidi, che porta alla perdita di calorie e di vitamine e minerali liposolubili.
Aumentata secrezione e perdita di nutrienti, dovuti alla natura infiammatoria della malattia, ai danni alla mucosa intestinale, che causa una perdita di proteine maggiore della sintesi epatica e di quelle assunte mediante la dieta, e alla diarrea che porta alla perdita di elettroliti e minerali. I pazienti con steatorrea cronica invece mostrano carenze di calcio e magnesio, e le perdite croniche di sangue portano invece a carenze di ferro e quindi all’anemia. La richiesta proteica aumenta particolarmente nei pazienti con una infiammazione acuta intestinale, dal momento che le proteine costituiscono gran parte delle cellule del sistema immunitario che devono rispondere a questi attacchi per risanare i tessuti, nel dettaglio pazienti con malattia infiammatoria intestinale mostrano una richiesta proteica superiore del 25% rispetto alle dosi raccomandate. Un segno del catabolismo proteico, cioè dei processi attuati per ottenere da sostanze più complesse proteine per via endogena, ovvero accumulate nel nostro corpo, è riscontrabile con altri valori della velocità di sedimentazione eritrocitaria (VES).
Dieta
I pazienti con la malattia infiammatoria intestinale necessitano di integrazioni vitaminiche con dosaggi ben 5 volte superiori alla dose raccomandata giornaliera (RDA). Infatti la malnutrizione può rendere ancora più gravoso il malassorbimento con conseguente ulteriore impoverimento dei nutrienti, aggravando la struttura e il funzionamento intestinale.
La dieta a base di elementi è un’alternativa efficace non tossica rispetto ai corticosteroidi, ed utilizza integrazioni di proteine predigerite o amminoacidi in forma libera in aggiunta a tutti gli elementi essenziali, riesce a dare miglioramenti probabilmente per un beneficio immunologico, ma è sgradevole ed iperosmolare e per questo porta spesso alla diarrea ed è richiesta l’ospedalizzazione per ripristinare il normale stato alimentare. La dieta consigliata è quella di eliminazione che impone l’eliminazione di cibi allergenici, generalmente grano e latticini, per determinarli con precisione occorre fare il test di laboratorio ELISA che misura le reazioni mediate dalle immunoglobuline IgG e IgE, e cibi contenenti carragerina. In base ai risultati ottenuti occorrerà evitare i cibi che hanno dato reazione di tali immunoglobuline o assumere una dieta di rotazione. Inoltre la dieta deve essere ricca di carboidrati complessi e fibra, povera di zuccheri e carboidrati raffinati perchè aumentano la fermentazione dell'intestino facilitando la crescita irregolare dei batteri nota come disbiosi. Sono utili i CLISTERI DI SCFA (short-chain fatty acid) ovvero acidi grassi a catena breve contenenti BUTIRRATO alla concentrazione di 80-100 mmol/l, che in uno studio osservante un trattamento di 8 settimane, ha dato nel 47 % dei pazienti remissione completa di colite ulcerosa. E’ poi suggerita un’integrazione con minerali e vitamine Talvolta i pazienti avvertono sintomi da infezione poi rivelatasi essere cistite in concomitanza di attacchi di colite, questo molto più frequentemente per le donne.
Approccio terapeutico
Integratori alimentari consigliati
-Multiviamine e minerali personalizzando il programma per ogni paziente
-Magnesio (citrato, aspartato): 200 mg/die
-Zinco picolinato: 50 mg/die
-Vitamina A: 50 000 UI/die
-Olio di pesce: 3 g/die
-Vitamina E (D-alfa-tocoferolo): 400-800 UI/die
-Vitamina C (acido ascorbico): 1000-3000 mg/die
Questi nutrienti sono utili oltre al ripristino dei loro dosaggi, alla normalizzazione del processo infiammatorio e a facilitare la guarigione della mucosa intestinale. In particolare la vitamina C ed E servono come antiossidanti rispettivamente della fase acquosa e di quella lipidica e sono utili per ripristinare le normali difese delle mucose con un’ azione antiossidante, la vitamina E è utile anche per la sua azione inibitrice dei leucotrieni. La vitamina C è molto utile anche per i pazienti che presentano fistole e in chi assuma una dieta povera di fibre. La vitamina A è utile per ripristinare la funzione di barriera della parete intestinale ed è particolarmente indicata per i pazienti afflitti da morbo di Crohn, ad essa deve essere associato zinco che ne riequilibria le alterazioni del metabolismo. Bassi livelli di zinco nei capelli, malassorbimento dello stesso e alterazioni del gusto accompagnano spesso la malattia di Crohn, il deficit di zinco in particolare si presenta in media nel 45% dei pazienti afflitti da tale morbo. Sono ricorrenti in questi pazienti anche deficit di magnesio a causa del malassorbimento e dell’azione catartica, talvolta sono richieste iniezioni endovena per chi non risponda a somministrazioni per via orale. I sintomi collegati a deficit di magnesio sono debolezza, ipotensione, anoressia, confusione, iperirritabilità, convulsioni, tetano, alterazioni dell’elettrocardiogramma (ECG) e dell’elettroencefalogramma (EEG). La somministrazione parenterale riesce a migliorare questa sintomatologia. Deficit di ferro sono legati alla problematica emorragica intestinale cronica, conviene integrare la vitamina C per promuovere l’assorbimento del ferro assunto con la dieta, dal momento che il ferro può promuovere l’infezione intestinale. Nella malattia infiammatoria intestinale vi è un aumentato rischio di ipocalcemia in quanto si ha una ridotta superficie intestinale di assorbimento, un deficit di vitamina D, la steatorrea e quando siano utilizzati farmaci corticosteroidi. Deficit di potassio e di altri elettroliti sono legati alla diarrea tipica, l’integrazione porta anche ad un minor rischio di complicanze chirurgiche. Carenze di vitamina D sono comuni ai pazienti con morbo di Crohn, sono collegati a ipocalcemia e quindi ad un maggiore rischio di contrarre malattie del metabolismo delle ossa come osteoporosi e osteomalacia. Si hanno anche deficit di vitamina K, relativi alla formazione di protrombina anormale. Il deficit di acido folico invece aggrava il malassorbimento variando la mucosa intestinale a livello di struttura cellulare, ed è aggravato dall’assunzione di sulfasalazina. Un deficit di vitamina B12 è invece collegato al coinvolgimento della malattia all’ileo distale e/o alla sua asportazione. Possiamo concludere ricordando l’importanza di massaggi dell’addome dal quadrante destro in basso verso quello destro alto fino a quello sinistro basso in modo circolare, e da aiutare la peristalsi intestinale dal colon ascendente, a quello traverso fino al discendente, aiutandosi magari con rimedi naturali come olio di mandorle o burro di karitè per rendere il gesto più piacevole e al tempo stesso la pelle più morbida ed elastica e nutrita.
Rimedi fitoterapici
Quercetina: 400 mg 20 muniti prima dei pasti
La quercetina è un flavonoide naturale che agisce a livello enzimatico relativamente a processi di secrezione, contrazione della muscolatura liscia e di movimento associati alla risposta infiammatoria come il rilascio di istamina e di altri mediatori infiammatori, inibendo la degranulazione di mastocellule, basofili, e neutrofili probabilmente grazie alla sua forte azione antiossidante, inibitrice della formazione di leucotrieni , dei radicali liberi, dell’enzima ialuronidasi e riduttrice della secrezione degli enzimi neutrofili lisosomiali coresponsabili del processo infiammatorio. Questo rimedio può essere utile anche quando si hanno associati alla malattia altre problematiche quali psoriasi, asma, gotta, dermatite atopica e cancro, che sono accomunati da alti livelli di leucotrieni.
COLITE ULCEROSA
Questa malattia si presenta con una risposta infiammatoria aspecifica, che coinvolge la mucosa e la sottomucosa intestinale.
Sintesi di diagnosi
Diarrea accompagnata da sangue, crampi relativi all’addome inferiore
Addome con media pastosità alla palpazione
Febbre e perdita di peso
Irritazione peritoneale, ulcere, emorroidi, fistole o ascessi riscontrabili dall’esame rettale e confermata da Rx e endoscopia del sigma (sigmoidoscopia)
Eziologia (cause)
Oltre a quello che è stato detto per l’eziologia della malattia infiammatoria intestinale, che racchiude questa malattia, può essere aggiunto che esistono studi da cui non risulta esserci correlazione con un alto consumo di carboidrati raffinati, mentre una causa probabile è una dieta con cibi allergenici.
Considerazioni terapeutiche
Difetti di mucina
Grazie a questa sostanza la mucosa intestinale ha caratteristiche viscose ed elastiche, nei pazienti afflitti da colite ulcerosa sono riscontrabili alterazioni della composizione della mucina e del so contenuto nella mucosa. In particolare è riscontrabile un deficit di sulfomucina ritenuto essere il principale fattore di rischio del cancro al colon, e tale deficit è una costante del paziente con colite ulcerosa, anche nei periodi di remissione, inoltre è raccomandato utilizzare sostanze emollienti che leniscono l’irritazione della mucosa promovendone la secrezione.
Microflora intestinale
Nella complessa costituzione della flora batterica intestinale umana, che comprende oltre 400 specie microbiche differenti, nei pazienti colpiti da colite ulcerosa si può osservare un alto numero di Gram-positivi anaerobi coccoidi e bastoncelliforme e Bacterioides vulgatus, bastoncelliforme Gram-negativo. Queste alterazioni contribuiscono alla malattia e gli specifici componenti batterici cellulari sono ritenuti responsabili della promozione di un’attività linfotossica nei confronti delle cellule epiteliali del colon.
Carragerina
Questa sostanza è utilizzata nell’industria alimentare per stabilizzare prodotti come latte, e suoi derivati come formaggio, gelati e, cioccolato al latte. Studi su animali hanno evidenziato un collegamento tra la somministrazione di carragerina e lesioni intestinali tipiche della colite ulcerosa, sull’uomo, nei soggetti sani non è stato riscontrato un risultato analogo, ma il batterio già citato Bacterioides vulgatus, presente nelle feci dei malati di colite ulcerosa ad una concentrazione 5 volte superiore rispetto ai soggetti sani, facilita i danni indotti da tale sostanza, quindi è meglio evitarla nei pazienti afflitti da colite ulcerosa.
MORBO DI CROHN
Questa malattia è accompagnata da una reazione infiammatoria granulomatosa coinvolgente l’intero spessore della parete intestinale anche se in realtà non sempre sono presenti i granulomi. In passato si era attribuito all’ileo l’unica parte di intestino coinvolta mentre poi si è visto che possono essere coinvolti anche altri organi come l’esofago, lo stomaco, e altre porzioni dell’intestino come il digiuno, e il colon (in tal caso si parla di malattia di Crohn del colon o colite granulomatosa).
Sintesi di diagnosi
-Diarrea a intermittenza, lieve febbre, dolore del quadrante destro inferiore addominale
-Anoressia, flatulenza, perdita di peso e malessere
-Addome pastoso alla palpazione
-Anormalità dell’ileo terminale riscontrabile da accertamenti radiografici
-Eziologia
In particolare gli antibiotici, se somministrati a dosi subletali, inducono i normali batteri costituenti la flora intestinale a produrre tossine trasformandoli così in agenti invasivi, rendendoli nocivi per il nostro organismo. Prima degli anni cinquanta la malattia di Crohn era relativa a zone con predisposizione genetica, mentre a partire dagli anni in cui sono stati disponibili gli antibiotici in forma orale, si è assistito a coinvolgimenti di zone senza precedenti casi, questo lascia presupporre le cure antibiotiche siano una delle cause di tale malattia, viste anche le scoperte di alterazioni nocive indotte sulla flora intestinale. Il morbo di Crohn è associato anche ad una dieta ricca di zucchero raffinato, grassi totali, animali, latte, omega-6 e povera di frutta, verdura cruda, fibre, omega-3 e ad un consumo elevato di corn flakes, che sono ricchi di zucchero e derivati dal mais che è un comune allergene. Un altro fattore importante sono appunto i cibi allergenici.
Considerazioni terapeutiche
Il morbo di Crohn non è molto conosciuto come decorso naturale, essendo spesso accompagnato, nel trattamento, da farmaci o interventi, tuttavia uno studio che ha preso in considerazione pazienti sottoposti a placebo ha evidenziato come molti pazienti vadano in remissione spontaneamente specialmente se non sottoposti a terapia steirodea, e questo indica che l’arma vincente è ottenere la remissione, con una terapia non farmacologia conservativa.
Permeabilità intestinale
La permeabilità intestinale è un difetto che accompagna i pazienti colpiti da morbo di Crohn e i loro parenti, è aumentata con l’assunzione di acido acetilsalicilico ed è un fattore predisponente per la malattia stessa perché ad un malassorbimento intestinale è associato un aumento dell’incidenza di allergia alimentare e di assorbimento delle tossine intestinali.
Dieta
Per la far tornare la flora batterica intestinale ad uno stato di corretto equilibrio, nella malattia di Crohn è ottimale una dieta ricca di fibre evitando la crusca di grano, essendo questo uno dei più frequenti cibi allergenici, una dieta di più facile adottare una dieta a rotazione che preveda anche fibre. Le più frequenti carenze nutrizionali dei pazienti riguardano lo zinco, i folati, la vitamina D e
la albumina, sono poi evidenti carenze di vitamina K, E, e di rame e niacina.
Nel libro “Disintossicarsi in 7 giorni” del trio Peter Bennet, agopuntore, medico omeopata e naturopata specializzato in disintossicazione ortomolecolare e disfunzioni immunitarie, Direttore medico del HELIOS HEALTH SYSTEM a Victoria nella Columbia britannica, Stephen Barrie medico Naturopata laureato alla Bastyr University di Seattle, Sara Faye giornalista che scrive di medicina e salute da 25 anni, che lavorando con i due dottori ha scoperto i meriti del loro programma di disintossicazione -- Ed. Tecniche Nuove, sono consigliate diverse terapie di disintossicazione.
Bibliografia
Michael T Murray, Joseph E. Pizzorno – “Trattato di Medicina Naturale” - Volume 1 e 2 – Red Edizioni
Autori Vari -- "Disintossicarsi in 7 giorni" -- Ed. Tecniche nuove
Eziologia
Vengono qui indicate le categorie di soggetti e le cause che sono valide per entrambe le malattie incluse nella categoria della malattia infiammatoria intestinale.
L’incidenza è maggiore per queste categorie:
-Donne
-Caucasici ed ebrei rispetto a neri ed orientali
Ipotesi teorizzate di cause:
-Predisposizione genetica (più di un componente familiare ha nel 15-40% dei casi morbo di Crohn o colite ulcerosa)
-Agenti infettivi (Rotavirus, Ebstein-Barr virus, Cytomegalovirus, Chlamydia, Yersinia enterocolitica)
-Sistema immunitario alterato (meccanismo umorale, deficit immunologici, reazioni cellulo-mediate, ma più probabilmente sono effetti della malattia)
-Dieta
-Vari fattori tra cui psicosomatici, relativi a stress, vascolari, e traumatici
Considerazioni terapeutiche
Qui sono fornite delle indicazioni che sono valide per entrambe le malattie incluse nella categoria della malattia infiammatoria intestinale.
Metabolismo degli acidi grassi
Nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale si riscontrano alti livelli di prostaglandine nelle feci, nel colon e nel siero, in particolare sono elevati i livelli di leucotrieni e dei prodotti dell’enzima lipossigenasi. Questi prodotti dei neutrofili, un particolare tipo di globuli bianchi, sono coinvolti nel processo infiammatorio amplificandolo e agiscono sulla muscolatura liscia contraendola. Per limitare la produzione di questi prodotti sono usati farmaci come sulfasalazina o corticosteroidi, oppure il flavonoide naturale quercetina, contenuto in alte dosi nel ribes, in particolare in quello nero, mirtillo, uvaspina e melograno, come dieta si dovrebbe limitare il consumo di carne ed aumentare le fonti di acidi grassi omega-3 a catena lunga (EPA e DHA) di cui è ricco il pesce azzurro come salmone, aringa, e lo sgombro. In particolare l’olio di pesce si è dimostrato utile a prevenire o ritardare le recidive della malattia infiammatoria intestinale, ed è utile anche l’olio di lino che contiene acido alfa-linoleico che viene convertito in EPA da un apposito pool enzimatico del nostro corpo.
Endotossinemia
Questa è un problema che accompagna le due malattie ed è una delle cause di alcuni sintomi extraintestinali legati ad esse. Un rimedio che apporta miglioramento è rappresentato dalle irrigazioni intestinali o da irrigazioni del colon, ma quest’ultime devono essere evitate nei casi di attacco acuto infiammatorio.
Manifestazioni extraintestinali
Il malfunzionamento intestinale che porta ad un sovraccarico di tossine da smaltire da parte dell’intestino ma anche del fegato, porta a molte manifestazioni relative a tessuti extraintestinali. Tra queste la più comune è l’artrite presente nel 25% dei pazienti, in particolare quella periferica che coinvolge ginocchia, caviglie e polsi, e meno frequentemente la spina dorsale, con sintomi collegati di dolore lombare e rigidità, poi si hanno manifestazioni cutanee nel 15% dei pazienti, come eritema nodoso, ipoderma gangrenoso, aftosi ulcerativa, e stomatite aftosa nel 10% dei pazienti. Poi si hanno dei gravi problemi epatici come cirrosi, epatite cronica in fase attiva, colangite sclerosante presenti in circa il 5% dei pazienti, probabilmente per il problema della endotossinemia, è consigliato in tale caso utilizzare piante ad azione epatoprotettrice come la liquirizia, il cardo mariano, la catechina, contenuta ad esempio nel tè verde e la curcumina. Poi si possono manifestare lesioni extraintestinali come tromboflebiti, problematiche oculari come irite ed episclerite, nefrolitiasi e colelitiasi (conosciute più comunemente come renella, precursore dei calcoli renali e biliari rispettivamente), ed infine ritardo di crescita e maturazione nei bambini.
Malnutrizione
La malnutrizione che accompagna la malattia infiammatoria intestinale ha molta influenza sulla morbilità, ovvero la probabilità di essere ospedalizzati per un periodo di tempo superiore ad un dato numeri di giorni, generalmente 40, e anche di mortalità nei casi più gravi.
Cause di malnutrizione
Riduzione di assunzione di cibo, è causata da sintomi come dolore, nausea, anoressia, diarrea, indotti dalla malattia, o da una dieta restrittiva senza integrazione di supplementi.
Malassorbimento, causato dalla riduzione della superficie di assorbimento dovuta all’interessamento dell’intestino, preposto a tale scopo o di un resezione chirurgica, ad un deficit di sali biliari, che può essere dovuto a resezione iliaca, ad una crescita batterica, o a farmaci come corticosteroidi, sulfasalazina e colestiramina. In particolare il malassorbimento più comune è quello dei lipidi, che porta alla perdita di calorie e di vitamine e minerali liposolubili.
Aumentata secrezione e perdita di nutrienti, dovuti alla natura infiammatoria della malattia, ai danni alla mucosa intestinale, che causa una perdita di proteine maggiore della sintesi epatica e di quelle assunte mediante la dieta, e alla diarrea che porta alla perdita di elettroliti e minerali. I pazienti con steatorrea cronica invece mostrano carenze di calcio e magnesio, e le perdite croniche di sangue portano invece a carenze di ferro e quindi all’anemia. La richiesta proteica aumenta particolarmente nei pazienti con una infiammazione acuta intestinale, dal momento che le proteine costituiscono gran parte delle cellule del sistema immunitario che devono rispondere a questi attacchi per risanare i tessuti, nel dettaglio pazienti con malattia infiammatoria intestinale mostrano una richiesta proteica superiore del 25% rispetto alle dosi raccomandate. Un segno del catabolismo proteico, cioè dei processi attuati per ottenere da sostanze più complesse proteine per via endogena, ovvero accumulate nel nostro corpo, è riscontrabile con altri valori della velocità di sedimentazione eritrocitaria (VES).
Dieta
I pazienti con la malattia infiammatoria intestinale necessitano di integrazioni vitaminiche con dosaggi ben 5 volte superiori alla dose raccomandata giornaliera (RDA). Infatti la malnutrizione può rendere ancora più gravoso il malassorbimento con conseguente ulteriore impoverimento dei nutrienti, aggravando la struttura e il funzionamento intestinale.
La dieta a base di elementi è un’alternativa efficace non tossica rispetto ai corticosteroidi, ed utilizza integrazioni di proteine predigerite o amminoacidi in forma libera in aggiunta a tutti gli elementi essenziali, riesce a dare miglioramenti probabilmente per un beneficio immunologico, ma è sgradevole ed iperosmolare e per questo porta spesso alla diarrea ed è richiesta l’ospedalizzazione per ripristinare il normale stato alimentare. La dieta consigliata è quella di eliminazione che impone l’eliminazione di cibi allergenici, generalmente grano e latticini, per determinarli con precisione occorre fare il test di laboratorio ELISA che misura le reazioni mediate dalle immunoglobuline IgG e IgE, e cibi contenenti carragerina. In base ai risultati ottenuti occorrerà evitare i cibi che hanno dato reazione di tali immunoglobuline o assumere una dieta di rotazione. Inoltre la dieta deve essere ricca di carboidrati complessi e fibra, povera di zuccheri e carboidrati raffinati perchè aumentano la fermentazione dell'intestino facilitando la crescita irregolare dei batteri nota come disbiosi. Sono utili i CLISTERI DI SCFA (short-chain fatty acid) ovvero acidi grassi a catena breve contenenti BUTIRRATO alla concentrazione di 80-100 mmol/l, che in uno studio osservante un trattamento di 8 settimane, ha dato nel 47 % dei pazienti remissione completa di colite ulcerosa. E’ poi suggerita un’integrazione con minerali e vitamine Talvolta i pazienti avvertono sintomi da infezione poi rivelatasi essere cistite in concomitanza di attacchi di colite, questo molto più frequentemente per le donne.
Approccio terapeutico
Integratori alimentari consigliati
-Multiviamine e minerali personalizzando il programma per ogni paziente
-Magnesio (citrato, aspartato): 200 mg/die
-Zinco picolinato: 50 mg/die
-Vitamina A: 50 000 UI/die
-Olio di pesce: 3 g/die
-Vitamina E (D-alfa-tocoferolo): 400-800 UI/die
-Vitamina C (acido ascorbico): 1000-3000 mg/die
Questi nutrienti sono utili oltre al ripristino dei loro dosaggi, alla normalizzazione del processo infiammatorio e a facilitare la guarigione della mucosa intestinale. In particolare la vitamina C ed E servono come antiossidanti rispettivamente della fase acquosa e di quella lipidica e sono utili per ripristinare le normali difese delle mucose con un’ azione antiossidante, la vitamina E è utile anche per la sua azione inibitrice dei leucotrieni. La vitamina C è molto utile anche per i pazienti che presentano fistole e in chi assuma una dieta povera di fibre. La vitamina A è utile per ripristinare la funzione di barriera della parete intestinale ed è particolarmente indicata per i pazienti afflitti da morbo di Crohn, ad essa deve essere associato zinco che ne riequilibria le alterazioni del metabolismo. Bassi livelli di zinco nei capelli, malassorbimento dello stesso e alterazioni del gusto accompagnano spesso la malattia di Crohn, il deficit di zinco in particolare si presenta in media nel 45% dei pazienti afflitti da tale morbo. Sono ricorrenti in questi pazienti anche deficit di magnesio a causa del malassorbimento e dell’azione catartica, talvolta sono richieste iniezioni endovena per chi non risponda a somministrazioni per via orale. I sintomi collegati a deficit di magnesio sono debolezza, ipotensione, anoressia, confusione, iperirritabilità, convulsioni, tetano, alterazioni dell’elettrocardiogramma (ECG) e dell’elettroencefalogramma (EEG). La somministrazione parenterale riesce a migliorare questa sintomatologia. Deficit di ferro sono legati alla problematica emorragica intestinale cronica, conviene integrare la vitamina C per promuovere l’assorbimento del ferro assunto con la dieta, dal momento che il ferro può promuovere l’infezione intestinale. Nella malattia infiammatoria intestinale vi è un aumentato rischio di ipocalcemia in quanto si ha una ridotta superficie intestinale di assorbimento, un deficit di vitamina D, la steatorrea e quando siano utilizzati farmaci corticosteroidi. Deficit di potassio e di altri elettroliti sono legati alla diarrea tipica, l’integrazione porta anche ad un minor rischio di complicanze chirurgiche. Carenze di vitamina D sono comuni ai pazienti con morbo di Crohn, sono collegati a ipocalcemia e quindi ad un maggiore rischio di contrarre malattie del metabolismo delle ossa come osteoporosi e osteomalacia. Si hanno anche deficit di vitamina K, relativi alla formazione di protrombina anormale. Il deficit di acido folico invece aggrava il malassorbimento variando la mucosa intestinale a livello di struttura cellulare, ed è aggravato dall’assunzione di sulfasalazina. Un deficit di vitamina B12 è invece collegato al coinvolgimento della malattia all’ileo distale e/o alla sua asportazione. Possiamo concludere ricordando l’importanza di massaggi dell’addome dal quadrante destro in basso verso quello destro alto fino a quello sinistro basso in modo circolare, e da aiutare la peristalsi intestinale dal colon ascendente, a quello traverso fino al discendente, aiutandosi magari con rimedi naturali come olio di mandorle o burro di karitè per rendere il gesto più piacevole e al tempo stesso la pelle più morbida ed elastica e nutrita.
Rimedi fitoterapici
Quercetina: 400 mg 20 muniti prima dei pasti
La quercetina è un flavonoide naturale che agisce a livello enzimatico relativamente a processi di secrezione, contrazione della muscolatura liscia e di movimento associati alla risposta infiammatoria come il rilascio di istamina e di altri mediatori infiammatori, inibendo la degranulazione di mastocellule, basofili, e neutrofili probabilmente grazie alla sua forte azione antiossidante, inibitrice della formazione di leucotrieni , dei radicali liberi, dell’enzima ialuronidasi e riduttrice della secrezione degli enzimi neutrofili lisosomiali coresponsabili del processo infiammatorio. Questo rimedio può essere utile anche quando si hanno associati alla malattia altre problematiche quali psoriasi, asma, gotta, dermatite atopica e cancro, che sono accomunati da alti livelli di leucotrieni.
COLITE ULCEROSA
Questa malattia si presenta con una risposta infiammatoria aspecifica, che coinvolge la mucosa e la sottomucosa intestinale.
Sintesi di diagnosi
Diarrea accompagnata da sangue, crampi relativi all’addome inferiore
Addome con media pastosità alla palpazione
Febbre e perdita di peso
Irritazione peritoneale, ulcere, emorroidi, fistole o ascessi riscontrabili dall’esame rettale e confermata da Rx e endoscopia del sigma (sigmoidoscopia)
Eziologia (cause)
Oltre a quello che è stato detto per l’eziologia della malattia infiammatoria intestinale, che racchiude questa malattia, può essere aggiunto che esistono studi da cui non risulta esserci correlazione con un alto consumo di carboidrati raffinati, mentre una causa probabile è una dieta con cibi allergenici.
Considerazioni terapeutiche
Difetti di mucina
Grazie a questa sostanza la mucosa intestinale ha caratteristiche viscose ed elastiche, nei pazienti afflitti da colite ulcerosa sono riscontrabili alterazioni della composizione della mucina e del so contenuto nella mucosa. In particolare è riscontrabile un deficit di sulfomucina ritenuto essere il principale fattore di rischio del cancro al colon, e tale deficit è una costante del paziente con colite ulcerosa, anche nei periodi di remissione, inoltre è raccomandato utilizzare sostanze emollienti che leniscono l’irritazione della mucosa promovendone la secrezione.
Microflora intestinale
Nella complessa costituzione della flora batterica intestinale umana, che comprende oltre 400 specie microbiche differenti, nei pazienti colpiti da colite ulcerosa si può osservare un alto numero di Gram-positivi anaerobi coccoidi e bastoncelliforme e Bacterioides vulgatus, bastoncelliforme Gram-negativo. Queste alterazioni contribuiscono alla malattia e gli specifici componenti batterici cellulari sono ritenuti responsabili della promozione di un’attività linfotossica nei confronti delle cellule epiteliali del colon.
Carragerina
Questa sostanza è utilizzata nell’industria alimentare per stabilizzare prodotti come latte, e suoi derivati come formaggio, gelati e, cioccolato al latte. Studi su animali hanno evidenziato un collegamento tra la somministrazione di carragerina e lesioni intestinali tipiche della colite ulcerosa, sull’uomo, nei soggetti sani non è stato riscontrato un risultato analogo, ma il batterio già citato Bacterioides vulgatus, presente nelle feci dei malati di colite ulcerosa ad una concentrazione 5 volte superiore rispetto ai soggetti sani, facilita i danni indotti da tale sostanza, quindi è meglio evitarla nei pazienti afflitti da colite ulcerosa.
MORBO DI CROHN
Questa malattia è accompagnata da una reazione infiammatoria granulomatosa coinvolgente l’intero spessore della parete intestinale anche se in realtà non sempre sono presenti i granulomi. In passato si era attribuito all’ileo l’unica parte di intestino coinvolta mentre poi si è visto che possono essere coinvolti anche altri organi come l’esofago, lo stomaco, e altre porzioni dell’intestino come il digiuno, e il colon (in tal caso si parla di malattia di Crohn del colon o colite granulomatosa).
Sintesi di diagnosi
-Diarrea a intermittenza, lieve febbre, dolore del quadrante destro inferiore addominale
-Anoressia, flatulenza, perdita di peso e malessere
-Addome pastoso alla palpazione
-Anormalità dell’ileo terminale riscontrabile da accertamenti radiografici
-Eziologia
In particolare gli antibiotici, se somministrati a dosi subletali, inducono i normali batteri costituenti la flora intestinale a produrre tossine trasformandoli così in agenti invasivi, rendendoli nocivi per il nostro organismo. Prima degli anni cinquanta la malattia di Crohn era relativa a zone con predisposizione genetica, mentre a partire dagli anni in cui sono stati disponibili gli antibiotici in forma orale, si è assistito a coinvolgimenti di zone senza precedenti casi, questo lascia presupporre le cure antibiotiche siano una delle cause di tale malattia, viste anche le scoperte di alterazioni nocive indotte sulla flora intestinale. Il morbo di Crohn è associato anche ad una dieta ricca di zucchero raffinato, grassi totali, animali, latte, omega-6 e povera di frutta, verdura cruda, fibre, omega-3 e ad un consumo elevato di corn flakes, che sono ricchi di zucchero e derivati dal mais che è un comune allergene. Un altro fattore importante sono appunto i cibi allergenici.
Considerazioni terapeutiche
Il morbo di Crohn non è molto conosciuto come decorso naturale, essendo spesso accompagnato, nel trattamento, da farmaci o interventi, tuttavia uno studio che ha preso in considerazione pazienti sottoposti a placebo ha evidenziato come molti pazienti vadano in remissione spontaneamente specialmente se non sottoposti a terapia steirodea, e questo indica che l’arma vincente è ottenere la remissione, con una terapia non farmacologia conservativa.
Permeabilità intestinale
La permeabilità intestinale è un difetto che accompagna i pazienti colpiti da morbo di Crohn e i loro parenti, è aumentata con l’assunzione di acido acetilsalicilico ed è un fattore predisponente per la malattia stessa perché ad un malassorbimento intestinale è associato un aumento dell’incidenza di allergia alimentare e di assorbimento delle tossine intestinali.
Dieta
Per la far tornare la flora batterica intestinale ad uno stato di corretto equilibrio, nella malattia di Crohn è ottimale una dieta ricca di fibre evitando la crusca di grano, essendo questo uno dei più frequenti cibi allergenici, una dieta di più facile adottare una dieta a rotazione che preveda anche fibre. Le più frequenti carenze nutrizionali dei pazienti riguardano lo zinco, i folati, la vitamina D e
la albumina, sono poi evidenti carenze di vitamina K, E, e di rame e niacina.
Nel libro “Disintossicarsi in 7 giorni” del trio Peter Bennet, agopuntore, medico omeopata e naturopata specializzato in disintossicazione ortomolecolare e disfunzioni immunitarie, Direttore medico del HELIOS HEALTH SYSTEM a Victoria nella Columbia britannica, Stephen Barrie medico Naturopata laureato alla Bastyr University di Seattle, Sara Faye giornalista che scrive di medicina e salute da 25 anni, che lavorando con i due dottori ha scoperto i meriti del loro programma di disintossicazione -- Ed. Tecniche Nuove, sono consigliate diverse terapie di disintossicazione.
Bibliografia
Michael T Murray, Joseph E. Pizzorno – “Trattato di Medicina Naturale” - Volume 1 e 2 – Red Edizioni
Autori Vari -- "Disintossicarsi in 7 giorni" -- Ed. Tecniche nuove
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